NOTE CRITICHE alla Poesia dell’Autore
Paolo RUFFILLI Poeta e Scrittore.
Caro Vettorello ho letto con interesse il tuo "In punta di piedi", coinvolto da numerose affinità e consonanze: l'incisività, il filo narrativo, il verso nervoso... che io stesso prediligo nel far poesia. Mi piacerebbe, a questo punto, un confronto in parallelo...
La Poesia di R.V. è di una immediata e assoluta implicazione esistenziale. Nella situazione normale e corrente della vita quotidiana, alla minaccia del confuso stato di coscienza e ai residui della piccola retorica che avvolge i rapporti umani, il Poeta oppone improvvisi quadri e tagli del reale, che nella loro pertinenza contingente, non rinunciano però mai al riferimento superiore ed universale della bellezza (dei luoghi, delle figure, delle opere…)
Fabio Maria SERPILLI Poeta, scrittore, critico letterario.
La Poesia di R.V. procede per nitore descrittivo ed è priva di impervie analogie in uno stile mai banale, scontato. Tutto è realismo pacato, aperto a interpretare immagini e segni dal piano denotativo a quello connotativo per trapassi semantici. Il testo-titolo funge da figura ritmica iterativa ed assume anche il compito di chiave interpretativa.
Non mancano i richiami sabani e leopardiani ma, così, di sfuggita, assaggi appena, tracce, tanto per confermare la provenienza e dunque l’appartenenza.
I testi si succedono come tanti quadretti che ripercorrono sul filo memoriale l’età dell’infanzia e della giovinezza. Un recupero in toni leggeri e vagamente crepuscolari. Pagine di diario scorse alla rovescia per ritornare agli eventi, ai personaggi, al clima di un’età dell’innocenza, rivisitata con elegiaco (non lacrimoso) distacco. Non si tratta di compiaciuto indugio ma di una pacata presa d’atto, di un sentimento del tempo avvertito in senso ciclico con delicati soprassalti di eterno.
In questi trasparenti versi di descrizione, che quasi mai si negano all’interpretazione, non vi sono tuttavia certezze facili né tesi consolatorie, semmai ipotesi, secondo la stessa ammissione del Poeta.
Il versificare si fa, pagina scorrendo, “narratio vitae”, con scene dell’odiernità, quasi a inventariare il vissuto quotidiano. Si dà luogo a una registrazione, a volte quasi in dettaglio, degli eventi minimi.
Il verso, quasi sempre endecasillabo, o anche novenario, assicura in ritmi monodici la lettura della storia personale, evidenziando quella stanchezza ripetitiva del nostro esistere, blandito appunto da un respiro calmo e regolare. Così come è lieve il suono delle parole. Mancano le aspre sonorità e la pronuncia forzata.
Conclusioni?
Come al solito siamo divisi dall’esigenza di sintesi e dalla consapevolezza che l’opera sia aperta (come suggerisce U. Eco) e che le parole vergate sulla pagina escano dal margine per farsi storia e realizzare ciò che significano perché le immagini perdurino nella nostra memoria come i fosfeni che ci danno visioni in coloratissimi coriandoli quando, a chiusi occhi, ci stropicciamo le palpebre.
Loredana BECHERINI Insegnante e Poetessa
Caratteristica saliente dell’opera di R.V….. il verso si fa alcune volte respiro, fisico atto di inspirazione-espirazione, altre volte sospiro, altre ancora quasi battito cardiaco.
Marina PRATICI Poetessa, giornalista, scrittrice, critico letterario.
Non tragga in inganno, nel leggere di Vettorello, una certa morbidezza orchestrale, un armonico procedere (seduttivamente venato di mélas cholé) per adagio, quasi in andante piano. Non tragga in inganno la chiarità espressiva del dettato, la musicalità del verso, mirabilmente costruito e compiuto. Ed ancora, non tragga in inganno l’utilizzo, impeccabile, di assonanze lontane, infinitivi spaziosi, enjambement a effetto. Non tragga in inganno.
Quella vettorelliana è- altissimamente- scrittura di passione. Nutrita di un vissuto, rivisitato e trasfigurato in scansioni incisive, penetranti e dense di un forte cromatismo lirico, che avvolge, coinvolge, seduce. Di un quotidiano, narrato con una varietà di registri simbolici e figurativi di prepotente efficacia sensoriale. Poesia -quindi- che è slancio esistenziale e parimenti tensione inevasa, ricerca, opera certosina di scavo nell’invisibile della coscienza. Poesia, che se pur talora si fa paradigma di disincanto, è incanto.
Incanto di prima mano, immediato e non di riverberanza.
Rodolfo Vettorello è Poeta, per forma e per stile, per significato e per significante, per tecnica e, in primis, per anima.
È Poeta -crediamo- per destino.
Giancarla RE MURSIA Editore
L’agonia della natura fa da sfondo e metafora all’eterno dualismo amore e morte, in una composizione dove la resa del protagonista, espressa con un linguaggio solo apparentemente dimesso, è ancora il soprassalto di chi, suo malgrado, si consegna alla rivincita dell’amore come contrapposizione alla morte.
Ninnj DI STEFANO BUSA’ Saggista e poetessa
R.V. .. una persona sensibile, un poeta che ammiro.
Giuliano LAZZAROTTI Poeta e Presidente del Versilia Club
Questo ottimo Poeta ci accarezza l’anima, ci tranquillizza, ci rassicura..
Leopoldo SARACENI Insegnante, scrittore, critico letterario.
Nella Poesia di Vettorello emerge il desiderio di liberarsi dalla solitudine e dalla pena esistenziale del vivere quotidiano che accompagna la vita dell’uomo moderno. Si avverte pertanto in essa il tentativo del Poeta di aprire il suo animo al lettore per confidargli i vaghissimi sogni che aleggiano nei suoi angoli più riposti.
Dario MARELLI Professionista Poeta e scrittore
Voglia di cambiare, finalmente, lo spartito che suoni magistralmente? forse si forse no ma questa poesia mi piace un sacco (come le altre, peraltro).. sfrutta questo tua trance poetica e succhia ogni filo dell'ispirazione chè mi pare che trasformi in oro ogni riga del pentagramma che tocchi, che suoni, che colori, che senti..
Ardengo MANZELLA Poeta e scrittore
sarà che sai toccare gli angoli più nascosti del mio cuore, di certo una lacrima stanotte me l'hai rubata.
Anna Gertrude PESSINA Scrittrice e Poetessa
Le scelte lessicali pregnanti, assolute, pomacee, approcciano a una teologia negativa con un “pantha rhei” che conduce a una stazione di pietrificazione, ad una dialettica di esclusione e di non positività, in cui molti vivono il quotidiano senza problematizzarsi, senza avvedersi che il disegno dell’uomo sulla sabbia, dura e compatta, resta per poco.
Piero SANTINI Poeta e critico letterario
Insistito richiamo a moduli gozzaniani e pascoliani di cui fanno fede alcune rime di sapore classicheggiante. Si fa apprezzare per un fraseggio fluente di musicale nitore e di una espressività delicata e fragrante.
Bruno BARTOLETTI Poeta e critico letterario
La Poesia di R.V. rappresenta il farsi e disfarsi di una realtà immobile, eppure così viva, che, mentre la si descrive nella sua fisicità, diventa essa stessa movimento, sospensione di vite di un mondo che brulica all’ombra, in cui il Poeta si immerge per lasciarsi “assopire nell’ombra al mite ronzio della noia”.
Così ogni cosa, elencata nella sua apparente casualità, acquista una sua precisa collocazione temporale e si fa metafora, traccia di un solco di appartenenza tra il mondo esteriore e la propria spiritualità, il sogno si fa accettazione e anche la morte emerge come necessità e come inconscio desiderio di una vita che dorma dolcemente nel suo finire.
Irene SPARAGNA Scrittrice, poetessa, critico letterario,editrice di Edizioni Stravagario
La poesia di Vettorello appare ricca di una metodologia del verso che non lascia attimi di pausa, è tutto un incalzare di atmosfere che si interscambiano come scenari. Che ha nel linguaggio una forte connotazione “costruttiva”: limpida nelle espressioni e forte nella presa emotiva che mai sfocia nel sentimentalismo.
Stefano VALENTINI Poeta, scrittore, critico letterario:
Il linguaggio morbido, non pretenzioso, semplice, si inserisce sobriamente in un registro lirico-romantico dai colori tenui. Il verso è pacato, il lessico pulito in un’armonia d’insieme che rende piacevole il tutto.
Enzo D’URBANO Scrittore Premio Hombres di Pereto
Le liriche di R.V. traggono ispirazione dai temi del vivere quotidiano, dalla dimensione esistenziale dell’amore.
Pantha rhéi: il Poeta osserva lo scorrere del tempo. Ne descrive gli esiti, ne anticipa le conclusioni. Con la morte tutto risulta vanificato in un ripetersi sempre uguale degli stessi interrogativi: “Chi sono? Cosa faccio? Dove vado?”. In questo mondo in cui sembra svanire ogni orizzonte di senso, in cui dominano la noia, il dolore, il rimpianto, la nostalgia, la solitudine, la Poesia diviene un luogo d’incontro in cui passioni, emozioni, tormenti di ieri e di oggi si confrontano e si riconoscono.
Antonio COLANDREA Funzionario Pubblico e Poeta
Pianissimo, dolcissimo, nostalgico Vettorello.Ho rivisto mia madre e mi sono lasciato trasportare dai tuoi versi eleganti indietro nel tempo. Grazia rara la tua di coinvolgere sempre il lettore nelle tue atmosfere….
La tua immortalità di Poeta non svanirà facilmente, riguardo a quella fisica e agli amici che ti lascerebbero andare, sappi che se ti dovessi incamminare mi attacco ad una gamba e mi dovrai trascinare con te, non sarà facile…
Anche io ho temuto da sempre il dolore e, come il George Gray di Spoon River, spesso non ho agito per paura delle conseguenze (il modo più vigliacco ma sicuro di comportarsi).Forse, siamo soltanto i poeti dell'indecisione,del rimpianto. Tu che puoi, ricorda: "Tu scappa fuori fuggi va, per te l'ho cercato.."
Francesco LOSITO Medico, Poeta e scrittore
Sai che quando c'è da trovare il pelo nell'uovo lo faccio volentieri, forse perchè trovare difetti nei grandi consola gli imbecilli, forse perchè quando ti leggo provo gusto a farlo, forse perchè sei così interessante e coinvolgente che vorrei che la tua arte fosse scaturita da me con le dovute modifiche, forse perché dialetticamente ci si palleggia tanto per discutere anche su qualcosa dove non c'è niente da discettare....Concludendo: la mia ricerca del pelo nell'uovo è andata fallita. Forse. Sarà che mi piace il tono elegiaco e psicanalitico che aleggia sulla tua lirica. Indubbiamente è plausibile. Sarà che preferisco guardarmi Sherlock Holmes al cinema piuttosto che lambiccarmi, fallito, su una lirica a dir poco perfetta.
Elisa SALA Poetessa e scrittrice
Io so che tu sai...Ci vuoi prendere tutti per i fondelli?
I grandi poeti in linea di massima muoiono in tarda età. Levami una curiosità per quanti anni ancora intendi propinarci i tuoi addii?...
Accidenti a te. Oggi ti vedo precipitare in quel mondo inquietante dei prerafaelliti e anche un pochino di Boecklin. Pensa, stavo cercando notizie su quel mondo inquietante, che piace anche a te, del cimitero di Highgate...vittoriano, gotico, incasinato e incolto.
D'altra parte stiamo entrando in quel periodo dell'anno tanto amato dai crepuscolari, e tu lo sei!
Maria RIZZI Poetessa e scrittrice
Ribadisco la tua capacità di sdoppiarti. Lirico fino a strappare il cuore in poesia, sanguigno in prosa. Vorrei possedere questa tua straordinaria capacità. Un evviva anche alla tua umiltà…
Sono certa che i tuoi versi lasciano segni indelebili, li studierannno a scuola i nostri nipoti e io sarò gonfia di orgoglio, perché non solo ti ho conosciuto, ma anche tenuto saldo per mano...sempre! Sei nella stanza dell'anima più soleggiata. Stasera sostituisco le rose con un altro fascio e le innaffio, pensando al tuo cuore e alla tua mente, così grandi e rari...Notte di stelle basse e vicine
Alberto BELLOCCHIO Poeta e Scrittore.
Capacità di coinvolgimento nelle tue emozioni e versatilità delle tue argomentazioni.
Alessandra AGLIERI Editrice Nuovi Autori.
La sua vena poetica è capace di dire molto con poche parole: e le parole sono giuste al momento giusto, al di là di qualsiasi progetto letterario e di qualsiasi reminiscenza. Con la poesia entra nel proprio mondo e lo sente con tutte le sue fibre; il tono è sincero e nitido sicché il singolo verso vive di vita propria e possiede un proprio fascino.
Il pregio di questa scrittura sta nell’essere compatta determinata, conoscibile nei suoi significati e nel suo portato globale di esperienza; essa è disponibile a qualsiasi lettura se ne faccia, provocata dall’incontro, a un certo punto, a un certo momento, con un’altra esperienza. Ed è un pregio che deriva certo dalla qualità dell’ autore che controlla ciò che scrive, ne verifica l’ancoramento ad un pensiero logico e trasmissibile, a un dato individuabile e non occasionale di esperienza, vagliando di volta in volta la scrittura per far si che in essa viva solo ciò che pesa con una permanenza di significato.
Paolo RUFFILLI Poeta e Scrittore.
Caro Vettorello ho letto con interesse il tuo "In punta di piedi", coinvolto da numerose affinità e consonanze: l'incisività, il filo narrativo, il verso nervoso... che io stesso prediligo nel far poesia. Mi piacerebbe, a questo punto, un confronto in parallelo...
La Poesia di R.V. è di una immediata e assoluta implicazione esistenziale. Nella situazione normale e corrente della vita quotidiana, alla minaccia del confuso stato di coscienza e ai residui della piccola retorica che avvolge i rapporti umani, il Poeta oppone improvvisi quadri e tagli del reale, che nella loro pertinenza contingente, non rinunciano però mai al riferimento superiore ed universale della bellezza (dei luoghi, delle figure, delle opere…)
Fabio Maria SERPILLI Poeta, scrittore, critico letterario.
La Poesia di R.V. procede per nitore descrittivo ed è priva di impervie analogie in uno stile mai banale, scontato. Tutto è realismo pacato, aperto a interpretare immagini e segni dal piano denotativo a quello connotativo per trapassi semantici. Il testo-titolo funge da figura ritmica iterativa ed assume anche il compito di chiave interpretativa.
Non mancano i richiami sabani e leopardiani ma, così, di sfuggita, assaggi appena, tracce, tanto per confermare la provenienza e dunque l’appartenenza.
I testi si succedono come tanti quadretti che ripercorrono sul filo memoriale l’età dell’infanzia e della giovinezza. Un recupero in toni leggeri e vagamente crepuscolari. Pagine di diario scorse alla rovescia per ritornare agli eventi, ai personaggi, al clima di un’età dell’innocenza, rivisitata con elegiaco (non lacrimoso) distacco. Non si tratta di compiaciuto indugio ma di una pacata presa d’atto, di un sentimento del tempo avvertito in senso ciclico con delicati soprassalti di eterno.
In questi trasparenti versi di descrizione, che quasi mai si negano all’interpretazione, non vi sono tuttavia certezze facili né tesi consolatorie, semmai ipotesi, secondo la stessa ammissione del Poeta.
Il versificare si fa, pagina scorrendo, “narratio vitae”, con scene dell’odiernità, quasi a inventariare il vissuto quotidiano. Si dà luogo a una registrazione, a volte quasi in dettaglio, degli eventi minimi.
Il verso, quasi sempre endecasillabo, o anche novenario, assicura in ritmi monodici la lettura della storia personale, evidenziando quella stanchezza ripetitiva del nostro esistere, blandito appunto da un respiro calmo e regolare. Così come è lieve il suono delle parole. Mancano le aspre sonorità e la pronuncia forzata.
Conclusioni?
Come al solito siamo divisi dall’esigenza di sintesi e dalla consapevolezza che l’opera sia aperta (come suggerisce U. Eco) e che le parole vergate sulla pagina escano dal margine per farsi storia e realizzare ciò che significano perché le immagini perdurino nella nostra memoria come i fosfeni che ci danno visioni in coloratissimi coriandoli quando, a chiusi occhi, ci stropicciamo le palpebre.
Loredana BECHERINI Insegnante e Poetessa
Caratteristica saliente dell’opera di R.V….. il verso si fa alcune volte respiro, fisico atto di inspirazione-espirazione, altre volte sospiro, altre ancora quasi battito cardiaco.
Marina PRATICI Poetessa, giornalista, scrittrice, critico letterario.
Non tragga in inganno, nel leggere di Vettorello, una certa morbidezza orchestrale, un armonico procedere (seduttivamente venato di mélas cholé) per adagio, quasi in andante piano. Non tragga in inganno la chiarità espressiva del dettato, la musicalità del verso, mirabilmente costruito e compiuto. Ed ancora, non tragga in inganno l’utilizzo, impeccabile, di assonanze lontane, infinitivi spaziosi, enjambement a effetto. Non tragga in inganno.
Quella vettorelliana è- altissimamente- scrittura di passione. Nutrita di un vissuto, rivisitato e trasfigurato in scansioni incisive, penetranti e dense di un forte cromatismo lirico, che avvolge, coinvolge, seduce. Di un quotidiano, narrato con una varietà di registri simbolici e figurativi di prepotente efficacia sensoriale. Poesia -quindi- che è slancio esistenziale e parimenti tensione inevasa, ricerca, opera certosina di scavo nell’invisibile della coscienza. Poesia, che se pur talora si fa paradigma di disincanto, è incanto.
Incanto di prima mano, immediato e non di riverberanza.
Rodolfo Vettorello è Poeta, per forma e per stile, per significato e per significante, per tecnica e, in primis, per anima.
È Poeta -crediamo- per destino.
Giancarla RE MURSIA Editore
L’agonia della natura fa da sfondo e metafora all’eterno dualismo amore e morte, in una composizione dove la resa del protagonista, espressa con un linguaggio solo apparentemente dimesso, è ancora il soprassalto di chi, suo malgrado, si consegna alla rivincita dell’amore come contrapposizione alla morte.
Ninnj DI STEFANO BUSA’ Saggista e poetessa
R.V. .. una persona sensibile, un poeta che ammiro.
Giuliano LAZZAROTTI Poeta e Presidente del Versilia Club
Questo ottimo Poeta ci accarezza l’anima, ci tranquillizza, ci rassicura..
Leopoldo SARACENI Insegnante, scrittore, critico letterario.
Nella Poesia di Vettorello emerge il desiderio di liberarsi dalla solitudine e dalla pena esistenziale del vivere quotidiano che accompagna la vita dell’uomo moderno. Si avverte pertanto in essa il tentativo del Poeta di aprire il suo animo al lettore per confidargli i vaghissimi sogni che aleggiano nei suoi angoli più riposti.
Dario MARELLI Professionista Poeta e scrittore
Voglia di cambiare, finalmente, lo spartito che suoni magistralmente? forse si forse no ma questa poesia mi piace un sacco (come le altre, peraltro).. sfrutta questo tua trance poetica e succhia ogni filo dell'ispirazione chè mi pare che trasformi in oro ogni riga del pentagramma che tocchi, che suoni, che colori, che senti..
Ardengo MANZELLA Poeta e scrittore
sarà che sai toccare gli angoli più nascosti del mio cuore, di certo una lacrima stanotte me l'hai rubata.
Anna Gertrude PESSINA Scrittrice e Poetessa
Le scelte lessicali pregnanti, assolute, pomacee, approcciano a una teologia negativa con un “pantha rhei” che conduce a una stazione di pietrificazione, ad una dialettica di esclusione e di non positività, in cui molti vivono il quotidiano senza problematizzarsi, senza avvedersi che il disegno dell’uomo sulla sabbia, dura e compatta, resta per poco.
Piero SANTINI Poeta e critico letterario
Insistito richiamo a moduli gozzaniani e pascoliani di cui fanno fede alcune rime di sapore classicheggiante. Si fa apprezzare per un fraseggio fluente di musicale nitore e di una espressività delicata e fragrante.
Bruno BARTOLETTI Poeta e critico letterario
La Poesia di R.V. rappresenta il farsi e disfarsi di una realtà immobile, eppure così viva, che, mentre la si descrive nella sua fisicità, diventa essa stessa movimento, sospensione di vite di un mondo che brulica all’ombra, in cui il Poeta si immerge per lasciarsi “assopire nell’ombra al mite ronzio della noia”.
Così ogni cosa, elencata nella sua apparente casualità, acquista una sua precisa collocazione temporale e si fa metafora, traccia di un solco di appartenenza tra il mondo esteriore e la propria spiritualità, il sogno si fa accettazione e anche la morte emerge come necessità e come inconscio desiderio di una vita che dorma dolcemente nel suo finire.
Irene SPARAGNA Scrittrice, poetessa, critico letterario,editrice di Edizioni Stravagario
La poesia di Vettorello appare ricca di una metodologia del verso che non lascia attimi di pausa, è tutto un incalzare di atmosfere che si interscambiano come scenari. Che ha nel linguaggio una forte connotazione “costruttiva”: limpida nelle espressioni e forte nella presa emotiva che mai sfocia nel sentimentalismo.
Stefano VALENTINI Poeta, scrittore, critico letterario:
Il linguaggio morbido, non pretenzioso, semplice, si inserisce sobriamente in un registro lirico-romantico dai colori tenui. Il verso è pacato, il lessico pulito in un’armonia d’insieme che rende piacevole il tutto.
Enzo D’URBANO Scrittore Premio Hombres di Pereto
Le liriche di R.V. traggono ispirazione dai temi del vivere quotidiano, dalla dimensione esistenziale dell’amore.
Pantha rhéi: il Poeta osserva lo scorrere del tempo. Ne descrive gli esiti, ne anticipa le conclusioni. Con la morte tutto risulta vanificato in un ripetersi sempre uguale degli stessi interrogativi: “Chi sono? Cosa faccio? Dove vado?”. In questo mondo in cui sembra svanire ogni orizzonte di senso, in cui dominano la noia, il dolore, il rimpianto, la nostalgia, la solitudine, la Poesia diviene un luogo d’incontro in cui passioni, emozioni, tormenti di ieri e di oggi si confrontano e si riconoscono.
Antonio COLANDREA Funzionario Pubblico e Poeta
Pianissimo, dolcissimo, nostalgico Vettorello.Ho rivisto mia madre e mi sono lasciato trasportare dai tuoi versi eleganti indietro nel tempo. Grazia rara la tua di coinvolgere sempre il lettore nelle tue atmosfere….
La tua immortalità di Poeta non svanirà facilmente, riguardo a quella fisica e agli amici che ti lascerebbero andare, sappi che se ti dovessi incamminare mi attacco ad una gamba e mi dovrai trascinare con te, non sarà facile…
Anche io ho temuto da sempre il dolore e, come il George Gray di Spoon River, spesso non ho agito per paura delle conseguenze (il modo più vigliacco ma sicuro di comportarsi).Forse, siamo soltanto i poeti dell'indecisione,del rimpianto. Tu che puoi, ricorda: "Tu scappa fuori fuggi va, per te l'ho cercato.."
Francesco LOSITO Medico, Poeta e scrittore
Sai che quando c'è da trovare il pelo nell'uovo lo faccio volentieri, forse perchè trovare difetti nei grandi consola gli imbecilli, forse perchè quando ti leggo provo gusto a farlo, forse perchè sei così interessante e coinvolgente che vorrei che la tua arte fosse scaturita da me con le dovute modifiche, forse perché dialetticamente ci si palleggia tanto per discutere anche su qualcosa dove non c'è niente da discettare....Concludendo: la mia ricerca del pelo nell'uovo è andata fallita. Forse. Sarà che mi piace il tono elegiaco e psicanalitico che aleggia sulla tua lirica. Indubbiamente è plausibile. Sarà che preferisco guardarmi Sherlock Holmes al cinema piuttosto che lambiccarmi, fallito, su una lirica a dir poco perfetta.
Elisa SALA Poetessa e scrittrice
Io so che tu sai...Ci vuoi prendere tutti per i fondelli?
I grandi poeti in linea di massima muoiono in tarda età. Levami una curiosità per quanti anni ancora intendi propinarci i tuoi addii?...
Accidenti a te. Oggi ti vedo precipitare in quel mondo inquietante dei prerafaelliti e anche un pochino di Boecklin. Pensa, stavo cercando notizie su quel mondo inquietante, che piace anche a te, del cimitero di Highgate...vittoriano, gotico, incasinato e incolto.
D'altra parte stiamo entrando in quel periodo dell'anno tanto amato dai crepuscolari, e tu lo sei!
Maria RIZZI Poetessa e scrittrice
Ribadisco la tua capacità di sdoppiarti. Lirico fino a strappare il cuore in poesia, sanguigno in prosa. Vorrei possedere questa tua straordinaria capacità. Un evviva anche alla tua umiltà…
Sono certa che i tuoi versi lasciano segni indelebili, li studierannno a scuola i nostri nipoti e io sarò gonfia di orgoglio, perché non solo ti ho conosciuto, ma anche tenuto saldo per mano...sempre! Sei nella stanza dell'anima più soleggiata. Stasera sostituisco le rose con un altro fascio e le innaffio, pensando al tuo cuore e alla tua mente, così grandi e rari...Notte di stelle basse e vicine
Alberto BELLOCCHIO Poeta e Scrittore.
Capacità di coinvolgimento nelle tue emozioni e versatilità delle tue argomentazioni.
Alessandra AGLIERI Editrice Nuovi Autori.
La sua vena poetica è capace di dire molto con poche parole: e le parole sono giuste al momento giusto, al di là di qualsiasi progetto letterario e di qualsiasi reminiscenza. Con la poesia entra nel proprio mondo e lo sente con tutte le sue fibre; il tono è sincero e nitido sicché il singolo verso vive di vita propria e possiede un proprio fascino.
Il pregio di questa scrittura sta nell’essere compatta determinata, conoscibile nei suoi significati e nel suo portato globale di esperienza; essa è disponibile a qualsiasi lettura se ne faccia, provocata dall’incontro, a un certo punto, a un certo momento, con un’altra esperienza. Ed è un pregio che deriva certo dalla qualità dell’ autore che controlla ciò che scrive, ne verifica l’ancoramento ad un pensiero logico e trasmissibile, a un dato individuabile e non occasionale di esperienza, vagliando di volta in volta la scrittura per far si che in essa viva solo ciò che pesa con una permanenza di significato.
Roberto MESTRONE
Scrittore e Poeta
Chi è Rodolfo Vettorello? Leopardi, Pascoli, Montale, Saba, Sbarbaro, Luzi... quanti altri?
Quando lo si legge, sembra di percorrere sentieri già battuti, di calarsi in mondi conosciuti.
Ma non cercate in quelle strofe parentele inesistenti; Rodolfo è un poeta che è entrato nell'anima di cento cantori modellandosene una propria... che non ha eguali.
Quando rincorri i suoi versi, ti ritrovi immerso in nostalgie con un volto straziato o in cuori pulsanti d'amore... in paesaggi di un'infanzia d'altri tempi o “in perle di sorrisi”... in nature e visioni elegiache che implorano devozione o in albe che inneggiano alla vita e profumano d'eterno.
E se si cerca di imitarlo non ci si riesce: il suo lirismo è unico, estremamente suggestivo, privo di orpelli e schemi arcaici; eppure in ogni sua opera si rintraccia la sublime musicalità dell'endecasillabo, del settenario, del novenario e degli altri versi in metrica - nessuno escluso - senza che il testo ne esca gravato o rinchiuso in una gabbia.
I suoi eleganti fraseggi parlano una lingua moderna ma sono imperlati di elegante classicismo.
Si ha la sensazione di ascoltare un coro di voci d'anime che parlano ai cuori a bassa voce, quasi a volerli rassicurare e prendere per mano accompagnandoli nella stanza dei ricordi.
In altre parole la poesia di Vettorello è un universo di incanti e disincanti, un luogo in cui il lettore ritrova i simboli, i valori e le intimità della propria esistenza.
Valeria DI FELICE poetessa, scrittrice, editrice, critico letterario, operatrice culturale, Presidente del Premio Città di Martinsicuro (Teramo)
La poetica di Rodolfo Vettorello è un canzoniere della memoria e del ricordo di un Uomo che volge lo sguardo, a volte nostalgico a volte visionario, al suo essere-al-mondo e che percepisce il sentore della morte, intesa come categoria dell’esistenza, come accadimento che dischiude agli occhi del poeta il senso più intimo delle cose, come confine che costringe con la sua morsa ineluttabile ad una trasformazione. Tuttavia, non è la morte che viene distillata tra i versi delle sue raccolte, ma la sua “idea”, il suo presagio.
L’idea della morte fa vacillare le fondamenta di tutte le certezze ma conduce anche alla riflessione sul profumo più autentico dell’esistenza dell’uomo, sottraendolo a uno sterile destino, vissuto sotto l’egida dell’impassibilità e dell’inibizione affettiva. E allora il pensiero della morte diventa preziosa ma sofferta specola per guardarsi indietro e per addentrarsi nel mistero pulsante e tenace del filo illusorio della vita, quello che lega l’uomo alla sua esistenza e che lo tiene in scacco di fronte alle infinite “ipotesi che siamo”. È l’ultima pagina del libro della vita quella più importante, quella che rivela al lettore la compiutezza del suo racconto, la pienezza della sua parola: ed è per questo motivo che essa va letta lentamente, centellinando ogni segno, scandendo ogni suono: «Straziante questa attesa che finisca/ la pagina di un libro che si chiude./ Io leggo sempre adagio; non so leggere/ che sillabando, come gli scolari/ e quando arrivo presso l’appendice/ rallento ancora per farla durare/ un altro poco/ la pagina finale.»
L’attesa della morte, la consapevolezza della caducità delle cose e dell’impotenza dell’uomo di fronte alla forbice del tempo non vogliono essere stoica rassegnazione, abbattimento, inevitabile resa, ma intuizione malinconica e profonda del divenire del proprio fondamento esistenziale: è la poesia che, attraverso la travagliata penna del poeta, si fa azione, spinta, trasformazione.
Il tempo è una enigmatica zavorra che incombe sul destino dell’uomo, ma allo stesso tempo è lo sprone che lo induce ad affrettarsi a ritrovare se stesso frugando nel passato. “Un uomo è solamente la sua storia e la memoria il suo carnet di viaggio”: il ricordo diventa l’antidoto all’azione corrosiva del tempo che rende vulnerabile il dominio sulla realtà, continuamente incalzata dal sempre più veloce avvicinarsi della morte; la sua vena lirica è la densificazione dell’immagine di un ricordo, che, con fare fluttuante, sembra rivivere il suo tempo nella mente del poeta: «Ricordi che si sommano a ricordi/ a edificare un muro contro il tempo,/ speranze che si erodono ogni giorno/ come una dolce pietra d’arenaria.»
Parola, quella di Vettorello, che induce e conserva la memoria del sé: il rapporto memoria-morte non è nuovo alla letteratura, ma in Vettorello si fa particolarmente intenso, poiché viene vissuto e riproposto in maniera assolutamente personale e viscerale: «Succede a volte/ che un’improvvisa ondata di memoria/ mi assalga quasi senza una ragione,/ il bacio di una donna,/ mia madre o la ragazza dei miei sogni/ e mi ritorna/ la voglia di rivivere un momento/ denso di gioia o pianto, non importa/ e un’altra volta finalmente/ ch’io possa dissanguarmi per amore/ e il mio morire arrivi e che mi trovi/ dolente e disperato ma vivente.»
Il Poeta è angosciato dall’idea di lasciare incustoditi i giardini fioriti della sua emotività, di privarsi del calore delle persone amate, è attanagliato dal pensiero di non poter più, un domani, essere consapevole e partecipe della bellezza della vita. Tuttavia la sua inquietudine trova conforto e riscatto nella dolcezza degli affetti e dei ricordi, nel potere dell’Amore (compresi i suoi affanni e le sue “piaghe”), e soprattutto nel sogno. Topos letterario di notevole rilievo nella poetica di Vettorello è il sogno, la visione, la forza dell’immaginazione che fungono non da pusillanime fuga, ma da luoghi della mente e del sentire in cui affondare i camminamenti del proprio Io e creare. È la creazione del linguaggio poetico, scabra di derive retoriche e libero dal peso della tradizione, che diviene strumento attraverso il quale ritrovare la propria strada, quella che porta all’autocoscienza. «Si può, lo so, si può provare a fare/ di questo spazio minimo nel mondo/ il nostro paradiso,/ come la stanza piccola in cui vivo,/ dove raccolgo/ cimeli vari, sfilacciati brani/ di quel tappeto magico che impiego/ per visitare i luoghi del mio sogno,/ paradisi di ciottoli raccolti/ in ogni luogo,/ la traccia sottilissima che inseguo/ sul mio sentiero.»
Vettorello sente la poesia come contenuto sostanziale, idee, concetti, situazioni poetiche, piuttosto che come puro linguaggio formale. Adotta forme metriche libere, che tendono a decantare il peso delle tensioni sentimentali e presentano un verso nitido, lucido e musicale.
Di singolare efficacia figurativa è l’immagine dell’Uomo-Poeta che galleggia sulla superficie delle acque nel tentativo di accogliere in sé le profondità del mare e soprattutto l’immensità del cielo: il poeta, dunque, come centro radiale di una totalità che gli permette di evadere dalla prigione sulfurea, quasi pietrificata, della nullificazione della non-esistenza: «Io galleggio/ e mi basta/ questo mondo racchiuso in bottiglia/ e mi abbaglia/ il mio spicchio di cielo/ come fosse filtrato attraverso/ una coltre sottile di ciglia.»
Ampiezza di questioni vitali racchiusa nell’orizzonte di uno sguardo poetico che non si limita alla manifestazione dei propri lasciti emozionali, ma va oltre, alla ricerca della ragione più sottile e autentica della sua storia, quella della sua Vita, dei suoi affetti, dei suoi “ciottoli”, quella che sfugge agli entusiasmi e ai desideri della gioventù più imberbe, per rivelarsi nella stagione più matura.
È dall’evidenza della luce del sole e della storia che è trascorsa, che il poeta trae la sua verità, o meglio la sua illuminazione: «La verità/ la svelerà soltanto il sole/ se sorgerà,/ per cacciare i fantasmi e le falene/ e il chiaror bianco come un’illusione./ Se dovessi morire/ e che sia già domani,/ vorrei che fosse, come voglio,/ al sole.»
Se “la vera genialità consiste, non tanto nel rivoluzionare gli ambiti in cui si opera, ma semplicemente nell’aggiungere… quel verso in più” come si legge nell’introduzione a Arcobaleni, auguro al mio caro amico Rodolfo, che ha nei modi e nei gesti la pacatezza e la sensibilità della sua poesia matura, di continuare a regalarci i suoi versi d’autore… perché hanno la forza di spostare in avanti quell’affascinante e inestimabile “tracciato poetico giunto fino a noi”…
Arturo BERTONI Presidente del Premio Violetta di Soragna
Mediante il sapiente utilizzo di un endecasillabo, impreziosito dalle armoniche assonanze delle rime interne, per non parlare delle altre che come sprazzi di incanto illuminano il verso, ha raggiunto quello che a mio avviso costituisce in assoluto l’obiettivo primario di un poeta, che è quello di far sprigionare dai versi la musica delle cose.
Tutto ciò, incanalato in una versificazione corredata di fluidità e di scioltezza, dove le immagini scorrono nitide ed attuali sul calendario che segna quel giorno “che trascorre e corre a precipizio al suo finire….quando il cuore non vuole ancora.”
Ma soffermiamoci ancora per un attimo su questo magico endecasillabo direi da manuale per chi voglia avventurarsi nel mirabolante e fascinoso mondo dell’ars poetandi, che rappresenta in più significativo cut-off per distinguere senza ombra di dubbio in modo netto e tranciante, quella che alcuni definiscono prosa, da quella che altri chiamano poesia, endecasillabo che nella storia della nostra letteratura è l’autografo dei nostri più grandi poeti da Dante a Foscolo per non citare Carducci.
In tutti questi versi prorompenti, che sarebbe oltremodo riduttivo e penalizzante chiamare silloge, esplode ed allo stesso tempo implode una passione struggente per la vita.
In un certo qual modo il poeta sa interpretare con il suo verso i sentimenti comuni, in modo non comune anche per il mondo della poesia, sentimenti che per la gente comune restano sensazioni, mentre in lui, novello Mida, divengono qualcosa d’altro, decantati, trasformati, dal magico ed incantato filtro aurato della poesia.
Chi è Rodolfo Vettorello? Leopardi, Pascoli, Montale, Saba, Sbarbaro, Luzi... quanti altri?
Quando lo si legge, sembra di percorrere sentieri già battuti, di calarsi in mondi conosciuti.
Ma non cercate in quelle strofe parentele inesistenti; Rodolfo è un poeta che è entrato nell'anima di cento cantori modellandosene una propria... che non ha eguali.
Quando rincorri i suoi versi, ti ritrovi immerso in nostalgie con un volto straziato o in cuori pulsanti d'amore... in paesaggi di un'infanzia d'altri tempi o “in perle di sorrisi”... in nature e visioni elegiache che implorano devozione o in albe che inneggiano alla vita e profumano d'eterno.
E se si cerca di imitarlo non ci si riesce: il suo lirismo è unico, estremamente suggestivo, privo di orpelli e schemi arcaici; eppure in ogni sua opera si rintraccia la sublime musicalità dell'endecasillabo, del settenario, del novenario e degli altri versi in metrica - nessuno escluso - senza che il testo ne esca gravato o rinchiuso in una gabbia.
I suoi eleganti fraseggi parlano una lingua moderna ma sono imperlati di elegante classicismo.
Si ha la sensazione di ascoltare un coro di voci d'anime che parlano ai cuori a bassa voce, quasi a volerli rassicurare e prendere per mano accompagnandoli nella stanza dei ricordi.
In altre parole la poesia di Vettorello è un universo di incanti e disincanti, un luogo in cui il lettore ritrova i simboli, i valori e le intimità della propria esistenza.
Valeria DI FELICE poetessa, scrittrice, editrice, critico letterario, operatrice culturale, Presidente del Premio Città di Martinsicuro (Teramo)
La poetica di Rodolfo Vettorello è un canzoniere della memoria e del ricordo di un Uomo che volge lo sguardo, a volte nostalgico a volte visionario, al suo essere-al-mondo e che percepisce il sentore della morte, intesa come categoria dell’esistenza, come accadimento che dischiude agli occhi del poeta il senso più intimo delle cose, come confine che costringe con la sua morsa ineluttabile ad una trasformazione. Tuttavia, non è la morte che viene distillata tra i versi delle sue raccolte, ma la sua “idea”, il suo presagio.
L’idea della morte fa vacillare le fondamenta di tutte le certezze ma conduce anche alla riflessione sul profumo più autentico dell’esistenza dell’uomo, sottraendolo a uno sterile destino, vissuto sotto l’egida dell’impassibilità e dell’inibizione affettiva. E allora il pensiero della morte diventa preziosa ma sofferta specola per guardarsi indietro e per addentrarsi nel mistero pulsante e tenace del filo illusorio della vita, quello che lega l’uomo alla sua esistenza e che lo tiene in scacco di fronte alle infinite “ipotesi che siamo”. È l’ultima pagina del libro della vita quella più importante, quella che rivela al lettore la compiutezza del suo racconto, la pienezza della sua parola: ed è per questo motivo che essa va letta lentamente, centellinando ogni segno, scandendo ogni suono: «Straziante questa attesa che finisca/ la pagina di un libro che si chiude./ Io leggo sempre adagio; non so leggere/ che sillabando, come gli scolari/ e quando arrivo presso l’appendice/ rallento ancora per farla durare/ un altro poco/ la pagina finale.»
L’attesa della morte, la consapevolezza della caducità delle cose e dell’impotenza dell’uomo di fronte alla forbice del tempo non vogliono essere stoica rassegnazione, abbattimento, inevitabile resa, ma intuizione malinconica e profonda del divenire del proprio fondamento esistenziale: è la poesia che, attraverso la travagliata penna del poeta, si fa azione, spinta, trasformazione.
Il tempo è una enigmatica zavorra che incombe sul destino dell’uomo, ma allo stesso tempo è lo sprone che lo induce ad affrettarsi a ritrovare se stesso frugando nel passato. “Un uomo è solamente la sua storia e la memoria il suo carnet di viaggio”: il ricordo diventa l’antidoto all’azione corrosiva del tempo che rende vulnerabile il dominio sulla realtà, continuamente incalzata dal sempre più veloce avvicinarsi della morte; la sua vena lirica è la densificazione dell’immagine di un ricordo, che, con fare fluttuante, sembra rivivere il suo tempo nella mente del poeta: «Ricordi che si sommano a ricordi/ a edificare un muro contro il tempo,/ speranze che si erodono ogni giorno/ come una dolce pietra d’arenaria.»
Parola, quella di Vettorello, che induce e conserva la memoria del sé: il rapporto memoria-morte non è nuovo alla letteratura, ma in Vettorello si fa particolarmente intenso, poiché viene vissuto e riproposto in maniera assolutamente personale e viscerale: «Succede a volte/ che un’improvvisa ondata di memoria/ mi assalga quasi senza una ragione,/ il bacio di una donna,/ mia madre o la ragazza dei miei sogni/ e mi ritorna/ la voglia di rivivere un momento/ denso di gioia o pianto, non importa/ e un’altra volta finalmente/ ch’io possa dissanguarmi per amore/ e il mio morire arrivi e che mi trovi/ dolente e disperato ma vivente.»
Il Poeta è angosciato dall’idea di lasciare incustoditi i giardini fioriti della sua emotività, di privarsi del calore delle persone amate, è attanagliato dal pensiero di non poter più, un domani, essere consapevole e partecipe della bellezza della vita. Tuttavia la sua inquietudine trova conforto e riscatto nella dolcezza degli affetti e dei ricordi, nel potere dell’Amore (compresi i suoi affanni e le sue “piaghe”), e soprattutto nel sogno. Topos letterario di notevole rilievo nella poetica di Vettorello è il sogno, la visione, la forza dell’immaginazione che fungono non da pusillanime fuga, ma da luoghi della mente e del sentire in cui affondare i camminamenti del proprio Io e creare. È la creazione del linguaggio poetico, scabra di derive retoriche e libero dal peso della tradizione, che diviene strumento attraverso il quale ritrovare la propria strada, quella che porta all’autocoscienza. «Si può, lo so, si può provare a fare/ di questo spazio minimo nel mondo/ il nostro paradiso,/ come la stanza piccola in cui vivo,/ dove raccolgo/ cimeli vari, sfilacciati brani/ di quel tappeto magico che impiego/ per visitare i luoghi del mio sogno,/ paradisi di ciottoli raccolti/ in ogni luogo,/ la traccia sottilissima che inseguo/ sul mio sentiero.»
Vettorello sente la poesia come contenuto sostanziale, idee, concetti, situazioni poetiche, piuttosto che come puro linguaggio formale. Adotta forme metriche libere, che tendono a decantare il peso delle tensioni sentimentali e presentano un verso nitido, lucido e musicale.
Di singolare efficacia figurativa è l’immagine dell’Uomo-Poeta che galleggia sulla superficie delle acque nel tentativo di accogliere in sé le profondità del mare e soprattutto l’immensità del cielo: il poeta, dunque, come centro radiale di una totalità che gli permette di evadere dalla prigione sulfurea, quasi pietrificata, della nullificazione della non-esistenza: «Io galleggio/ e mi basta/ questo mondo racchiuso in bottiglia/ e mi abbaglia/ il mio spicchio di cielo/ come fosse filtrato attraverso/ una coltre sottile di ciglia.»
Ampiezza di questioni vitali racchiusa nell’orizzonte di uno sguardo poetico che non si limita alla manifestazione dei propri lasciti emozionali, ma va oltre, alla ricerca della ragione più sottile e autentica della sua storia, quella della sua Vita, dei suoi affetti, dei suoi “ciottoli”, quella che sfugge agli entusiasmi e ai desideri della gioventù più imberbe, per rivelarsi nella stagione più matura.
È dall’evidenza della luce del sole e della storia che è trascorsa, che il poeta trae la sua verità, o meglio la sua illuminazione: «La verità/ la svelerà soltanto il sole/ se sorgerà,/ per cacciare i fantasmi e le falene/ e il chiaror bianco come un’illusione./ Se dovessi morire/ e che sia già domani,/ vorrei che fosse, come voglio,/ al sole.»
Se “la vera genialità consiste, non tanto nel rivoluzionare gli ambiti in cui si opera, ma semplicemente nell’aggiungere… quel verso in più” come si legge nell’introduzione a Arcobaleni, auguro al mio caro amico Rodolfo, che ha nei modi e nei gesti la pacatezza e la sensibilità della sua poesia matura, di continuare a regalarci i suoi versi d’autore… perché hanno la forza di spostare in avanti quell’affascinante e inestimabile “tracciato poetico giunto fino a noi”…
Arturo BERTONI Presidente del Premio Violetta di Soragna
Mediante il sapiente utilizzo di un endecasillabo, impreziosito dalle armoniche assonanze delle rime interne, per non parlare delle altre che come sprazzi di incanto illuminano il verso, ha raggiunto quello che a mio avviso costituisce in assoluto l’obiettivo primario di un poeta, che è quello di far sprigionare dai versi la musica delle cose.
Tutto ciò, incanalato in una versificazione corredata di fluidità e di scioltezza, dove le immagini scorrono nitide ed attuali sul calendario che segna quel giorno “che trascorre e corre a precipizio al suo finire….quando il cuore non vuole ancora.”
Ma soffermiamoci ancora per un attimo su questo magico endecasillabo direi da manuale per chi voglia avventurarsi nel mirabolante e fascinoso mondo dell’ars poetandi, che rappresenta in più significativo cut-off per distinguere senza ombra di dubbio in modo netto e tranciante, quella che alcuni definiscono prosa, da quella che altri chiamano poesia, endecasillabo che nella storia della nostra letteratura è l’autografo dei nostri più grandi poeti da Dante a Foscolo per non citare Carducci.
In tutti questi versi prorompenti, che sarebbe oltremodo riduttivo e penalizzante chiamare silloge, esplode ed allo stesso tempo implode una passione struggente per la vita.
In un certo qual modo il poeta sa interpretare con il suo verso i sentimenti comuni, in modo non comune anche per il mondo della poesia, sentimenti che per la gente comune restano sensazioni, mentre in lui, novello Mida, divengono qualcosa d’altro, decantati, trasformati, dal magico ed incantato filtro aurato della poesia.
Leopoldo ATTOLICO
Poeta insigne e critico letterario.
Ho letto e riletto le tue cose caro Rodolfo , e devo dire con sollievo , stante l'"anomala" misura elegiaca che vi si configura ; anomala perché ben lontana dall'affliggente epicedio contemporaneo e sostanziata - piuttosto - dalla serena ( oserei dire virile ) accettazione / metabolizzazione del famigerato "male di vivere" e dintorni che tanti danni ha prodotto e continua a produrre nella poesia che si va scrivendo oggi . Perché - vedi - stante la negatività che stiamo vivendo ( esattamente quella che Pasolini preconizzava quarant'anni fa ) , è direi fisiologico rapportarvisi in ambito personale collettivo e storico , correndo però il rischio delle trappole retoriche e del disperante ripiegamento autoreferenziale / filosofeggiante di cui lo stesso Pasolini era consapevole : proprio quello che mi sembra tu sia riuscito a dribblare , laddove le pulsioni , i transfert e la riflessione umanistica sono offerti come "dono" non come "problema".
E qui è decisivo il tuo linguaggio , più propenso ad essere che ad apparire e quindi geloso custode di una espressività fatta salva da ricami / abbellimenti / seduzioni variamente colorate pur in presenza di una materia che nella sua complessità e problematicità vuol essere chiamata per nome e non per cognome o pseudonimo : è il famoso "equilibrio" a cui tutti credo aspiriamo , a prescindere dalle poetiche personali e dall'invasività degli stimoli che le fanno esistere .
Io ti ringrazio di avermi data l'opportunità di esserti accanto e di aver arricchito la mia esperienza Non si smette mai di imparare e di crescere
Domenico POLITO Edizioni LEONIDA di Reggio Calabria
In occasione di una presentazione, la d.ssa Rosita Borruto (CIS Calabria) ti ha pubblicamente menzionato. L'augurio sarebbe quello di vederti a Reggio per la presentazione ufficiale delle tue preziose raccolte. Il sottoscritto si sente onorato (come l'intero staff della casa editrice) di essere l'editore di uno dei più autorevoli rappresentanti della poesia contemporanea italiana.
Ho letto e riletto le tue cose caro Rodolfo , e devo dire con sollievo , stante l'"anomala" misura elegiaca che vi si configura ; anomala perché ben lontana dall'affliggente epicedio contemporaneo e sostanziata - piuttosto - dalla serena ( oserei dire virile ) accettazione / metabolizzazione del famigerato "male di vivere" e dintorni che tanti danni ha prodotto e continua a produrre nella poesia che si va scrivendo oggi . Perché - vedi - stante la negatività che stiamo vivendo ( esattamente quella che Pasolini preconizzava quarant'anni fa ) , è direi fisiologico rapportarvisi in ambito personale collettivo e storico , correndo però il rischio delle trappole retoriche e del disperante ripiegamento autoreferenziale / filosofeggiante di cui lo stesso Pasolini era consapevole : proprio quello che mi sembra tu sia riuscito a dribblare , laddove le pulsioni , i transfert e la riflessione umanistica sono offerti come "dono" non come "problema".
E qui è decisivo il tuo linguaggio , più propenso ad essere che ad apparire e quindi geloso custode di una espressività fatta salva da ricami / abbellimenti / seduzioni variamente colorate pur in presenza di una materia che nella sua complessità e problematicità vuol essere chiamata per nome e non per cognome o pseudonimo : è il famoso "equilibrio" a cui tutti credo aspiriamo , a prescindere dalle poetiche personali e dall'invasività degli stimoli che le fanno esistere .
Io ti ringrazio di avermi data l'opportunità di esserti accanto e di aver arricchito la mia esperienza Non si smette mai di imparare e di crescere
Domenico POLITO Edizioni LEONIDA di Reggio Calabria
In occasione di una presentazione, la d.ssa Rosita Borruto (CIS Calabria) ti ha pubblicamente menzionato. L'augurio sarebbe quello di vederti a Reggio per la presentazione ufficiale delle tue preziose raccolte. Il sottoscritto si sente onorato (come l'intero staff della casa editrice) di essere l'editore di uno dei più autorevoli rappresentanti della poesia contemporanea italiana.
Angela AMBROSINI scrittrice,
poetessa, traduttrice.
Commento alla Raccolta Poetica CONTRO IL TEMPO IL TEMPO CONTRO.
Concordo con Marina in merito all'essenza della tua poesia come "contenuto". Quante aggraziate lacrimucce e sospiri e farfalle ci dobbiamo sciroppare in tanti recital di poesia che di poesia hanno ben poco..! E che spesso è ridotta a un’allegra marcetta da banda paesana sì, ma meticolosamente scritta “in perfetti sonetti”!! Come se l’abito facesse il monaco… Dici bene infatti quando affermi che “la metrica non deve essere antecedente alla stesura di un testo poetico”. E’ questo il segreto, oltre ad aver qualcosa da dire, ovvio, e spesso ovvio non è. Quello che sempre mi ha colpito del tuo verso è la commistione direi quasi sorniona di prosa e di poesia nell’ incedere verso il nucleo poetico attraverso uno scarto impercettibile del registro linguistico. Certe cose dette in “quel” certo modo hanno un’aura diversa, profondamente diversa dalla narrazione in prosa. Ed ecco che si spalancano a squarci e rime, e assonanze, e parallelismi e enjambement a configurare un ordine interno di rimandi e ammiccamenti tipici del registro poetico. Insomma, tanto lo sappiamo tutti chi è Vettorello! Mi è piaciuto molto anche il titolo in chiasmo “Contro il tempo il tempo contro”, molto simile a quella che sarà (l’ho deciso spero con notevole anticipo….!!!!!) la mia epigrafe tombale “Una vita contro le apparenze, le apparenze contro una vita”…!!
Commento alla Raccolta Poetica CONTRO IL TEMPO IL TEMPO CONTRO.
Concordo con Marina in merito all'essenza della tua poesia come "contenuto". Quante aggraziate lacrimucce e sospiri e farfalle ci dobbiamo sciroppare in tanti recital di poesia che di poesia hanno ben poco..! E che spesso è ridotta a un’allegra marcetta da banda paesana sì, ma meticolosamente scritta “in perfetti sonetti”!! Come se l’abito facesse il monaco… Dici bene infatti quando affermi che “la metrica non deve essere antecedente alla stesura di un testo poetico”. E’ questo il segreto, oltre ad aver qualcosa da dire, ovvio, e spesso ovvio non è. Quello che sempre mi ha colpito del tuo verso è la commistione direi quasi sorniona di prosa e di poesia nell’ incedere verso il nucleo poetico attraverso uno scarto impercettibile del registro linguistico. Certe cose dette in “quel” certo modo hanno un’aura diversa, profondamente diversa dalla narrazione in prosa. Ed ecco che si spalancano a squarci e rime, e assonanze, e parallelismi e enjambement a configurare un ordine interno di rimandi e ammiccamenti tipici del registro poetico. Insomma, tanto lo sappiamo tutti chi è Vettorello! Mi è piaciuto molto anche il titolo in chiasmo “Contro il tempo il tempo contro”, molto simile a quella che sarà (l’ho deciso spero con notevole anticipo….!!!!!) la mia epigrafe tombale “Una vita contro le apparenze, le apparenze contro una vita”…!!
Nota
critica alla Silloge di 20 poesie
VOGLIO SILENZIO a cura di Domenico Defelice
Si legga il primo brano, un sintetico e lapalissiano manifesto. C’è il rifiuto di un certo presente, schiavo delle sue tante vanità, “anelli sulle dita delle mani” e del suo vuoto sproloquiare e c’è l’elogio di un passato prossimo, il quale anche nelle sue limitatezze, (linguaggio compreso), e nella sua lentezza apparente dava conforto, forse anche rilassatezza, attraverso i suoi rumori naturali, “il vento tra le foglie”, “il canto degli uccelli”, “il passo musicale dei cavalli.”
Vettorello propende per una vita semplice: niente casa sfarzosa, niente puzza d’asfalto, niente estenuante cicaleccio al quale danno una eccezionale estensione le TV, la radio, il telefono, contribuendo a creare l’atmosfera di un autentico girone infernale. Il poeta tende alla pace e alla quasi solitudine e non è detto che questo possa piacere a tutti i lettori e in particolare ai giovani. Quanti oggi sarebbero disposti a vivere una vita “che non fa rumore”, in una casupola senza i tanti comfort della tecnologia, tra le strade polverose, polvere dice il poeta “che s’alza come nebbia” e i mezzi di trasporto con soli carri e cavalli? “un’epoca speciale/ un poco trasgressione e un po’ frou frou”? L’evolversi della società in bene e in male, è inarrestabile e l’uomo moderno non sa vivere senza “gli amari veleni dell’ansia.”
In VOGLIO SILENZIO c’è tanto “male di vivere” che si specchia anche nello stile, nella cadenza, nel ritmo, a volte quasi ironico e leggero, nelle desolazioni, nelle confessioni e nelle “foto di famiglia”, come nei personaggi. Il padre che cena con il capo basso, “lo zio, la zia, la nonna, le sorelle” e nei paesaggi e negli ambienti, “via Garibaldi o non rammento più”. Ci sono due convitati di pietra nei versi di Vettorello: Gozzano e Pavese.
Una poesia decadente, allora? A noi non sembra. Già il titolo è ambiguo. Voglio Silenzio può essere interpretato infatti sia come disperata invocazione, sia come perentorietà che non è certo prerogativa di chi non manifesta vigore. Vettorello sta nel mezzo. Ricca di flash-back la silloge si legge con trasporto. C’è quella immagine quasi cardarelliana della donna da lui, “per il timore assurdo di sciuparti”, sfiorata appena, mentre altri, invece ne approfittano e se la godono, sicchè il quasi spettro è lui, non lei “nella vetrina/ come un fantasma pallido riflesso”. C’è il” bimbo che passa giornate malate” davanti ai giochi di luce ed ombra prodotti sul muro dal sole e ci sono quelle “lapidi che narrano la storia” e che sanno tanto di Spoon River. C’è “Casa Dansi, dove si abitava” e la figura della madre che “guarda tra le feritoie delle persiane chiuse” e c’è la natura con quelle “rive profumate di torrenti”, gli “stagni coperti di giacinti”, le colline “bionde di stoppie”: un mondo insomma ancora “bello che assomiglia/ a un sogno ad occhi aperti”.
Il ritmo è spesso sincopato; rime anche interne e abbondano le assonanze. Si respira un certo nostalgico languore, uno pneuma. Vettorello sembra sul punto di ricevere la scintilla che gli accenda finalmente “un angolo di cielo” che lo faccia finalmente combattere a viso aperto, non più arrendevole come una foglia al vento o “come un legno alla deriva”. La sua poesia ha uno spleen che lenisce e che respinge le nostre ansietà.
Si legga il primo brano, un sintetico e lapalissiano manifesto. C’è il rifiuto di un certo presente, schiavo delle sue tante vanità, “anelli sulle dita delle mani” e del suo vuoto sproloquiare e c’è l’elogio di un passato prossimo, il quale anche nelle sue limitatezze, (linguaggio compreso), e nella sua lentezza apparente dava conforto, forse anche rilassatezza, attraverso i suoi rumori naturali, “il vento tra le foglie”, “il canto degli uccelli”, “il passo musicale dei cavalli.”
Vettorello propende per una vita semplice: niente casa sfarzosa, niente puzza d’asfalto, niente estenuante cicaleccio al quale danno una eccezionale estensione le TV, la radio, il telefono, contribuendo a creare l’atmosfera di un autentico girone infernale. Il poeta tende alla pace e alla quasi solitudine e non è detto che questo possa piacere a tutti i lettori e in particolare ai giovani. Quanti oggi sarebbero disposti a vivere una vita “che non fa rumore”, in una casupola senza i tanti comfort della tecnologia, tra le strade polverose, polvere dice il poeta “che s’alza come nebbia” e i mezzi di trasporto con soli carri e cavalli? “un’epoca speciale/ un poco trasgressione e un po’ frou frou”? L’evolversi della società in bene e in male, è inarrestabile e l’uomo moderno non sa vivere senza “gli amari veleni dell’ansia.”
In VOGLIO SILENZIO c’è tanto “male di vivere” che si specchia anche nello stile, nella cadenza, nel ritmo, a volte quasi ironico e leggero, nelle desolazioni, nelle confessioni e nelle “foto di famiglia”, come nei personaggi. Il padre che cena con il capo basso, “lo zio, la zia, la nonna, le sorelle” e nei paesaggi e negli ambienti, “via Garibaldi o non rammento più”. Ci sono due convitati di pietra nei versi di Vettorello: Gozzano e Pavese.
Una poesia decadente, allora? A noi non sembra. Già il titolo è ambiguo. Voglio Silenzio può essere interpretato infatti sia come disperata invocazione, sia come perentorietà che non è certo prerogativa di chi non manifesta vigore. Vettorello sta nel mezzo. Ricca di flash-back la silloge si legge con trasporto. C’è quella immagine quasi cardarelliana della donna da lui, “per il timore assurdo di sciuparti”, sfiorata appena, mentre altri, invece ne approfittano e se la godono, sicchè il quasi spettro è lui, non lei “nella vetrina/ come un fantasma pallido riflesso”. C’è il” bimbo che passa giornate malate” davanti ai giochi di luce ed ombra prodotti sul muro dal sole e ci sono quelle “lapidi che narrano la storia” e che sanno tanto di Spoon River. C’è “Casa Dansi, dove si abitava” e la figura della madre che “guarda tra le feritoie delle persiane chiuse” e c’è la natura con quelle “rive profumate di torrenti”, gli “stagni coperti di giacinti”, le colline “bionde di stoppie”: un mondo insomma ancora “bello che assomiglia/ a un sogno ad occhi aperti”.
Il ritmo è spesso sincopato; rime anche interne e abbondano le assonanze. Si respira un certo nostalgico languore, uno pneuma. Vettorello sembra sul punto di ricevere la scintilla che gli accenda finalmente “un angolo di cielo” che lo faccia finalmente combattere a viso aperto, non più arrendevole come una foglia al vento o “come un legno alla deriva”. La sua poesia ha uno spleen che lenisce e che respinge le nostre ansietà.