IL TESORO DI FRANCESCO di Nilla LUCIANI
recensione a cura di Rodolfo Vettorello
Le braccia aperte quasi per prendere il volo. E’ il gesto dei bambini per abbandonarsi all’abbraccio della mamma. Ma non solo.
Ricordo una giornata di bora furiosa sulla spiaggia di quest’isola di laguna. Tanti anni fa. Un uomo tutto vestito di bianco, si alza dalla sua sdraio, la sola aperta su tutto il litorale e si porta al limite del battente d’acqua. La giornata è limpida e luminosa e il mare, sotto la pressione folle del vento, è tutto bianco di schiuma. Soltanto qualche farfalla coloratissima a solcarlo, le vele di alcuni windsurf che sfidano la tempesta. In cielo qualche gabbiano con ali distese a giocare col vento in un volo planato come se non servisse volare per stare in cielo.
L’uomo vestito di bianco spalanca le braccia e a me che lo osservo sempre più da vicino, grida, per farsi sentire al di sopra del fragore del mare: “mi vedi, sto volando come un gabbiano.”
Mi viene da pensare che non solo i bambini volano ma anche i poeti. L’uomo in bianco è Alberto Bevilacqua scrittore e poeta appunto, attratto su questa spiaggia dall’atmosfera magica di una giornata di bora che solleva la sabbia e tiene quasi tutti relegati in albergo. Volano i gabbiani e i poeti e volano anche tutte le anime libere e limpide che sentono meno il peso di sé e del proprio corpo.
Leggendo la bellissima storia ho cercato di capire quale fosse il Tesoro di Francesco e alla fine penso di averlo individuato.
E’ la Poesia:
Mi piace pensare alla splendida figura di Francesco a modo mio, trasportato solo dal mare di amore che, attraverso le parole di Nilla, mi travolge.
Francesco è un poeta e lo è per tante ragioni, nonostante la parola sia l’ostacolo più grande alla sua voglia di comunicare.
Lo è perché questa sua difficoltà è in realtà “una porta sull’infinito.”
Francesco, il giovane silenzioso, è poeta perché come tutti i poeti vive nel silenzio ed è proprio nel silenzio che nascono e prendono forma i pensieri più belli e le cose più profonde e sentite.
“Canta male la mia anima senza la tua cara parola. La morte manca d’amore.”
Chi non verrebbe aver scritto parole così profonde e toccanti. Poesia vera.
Non la poesia dei versi che si rincorrono e delle strofe che si costruiscono con la perizia dei letterati ma poesia autentica, quella che viene dal profondo dell’anima e dalle sue lacerazioni più dolorose.
In questo luogo privilegiato e solitario non c’è spazio per le frasi inutili e vuote e il silenzio vive del rispetto che si deve alle cose misteriose che hanno bisogno di mantenere la loro aura per conservare il loro fascino.
Ci sono storie che si possono raccontare solo con la penna e con la propria capacità letteraria e ce ne sono altre che hanno bisogno di ben altri strumenti.
Nilla ha scritto con bel linguaggio pulito ed onesto, privo di enfasi e di inutile retorica la cosa più splendida che si potesse dire di un ragazzo che custodisce un tesoro.
Ha parlato di questa sua ricchezza, di quello che possiede in più, passando quasi sotto silenzio ciò che gli manca e che gli dà sofferenza e lo ha detto con la voce del cuore.
Lo ha fatto con la delicatezza silenziosa che si addice a una storia così toccante.
Nilla ha saputo e sa rispettare i silenzi, ha guardato semplicemente attraverso gli spiragli di porte socchiuse. Se si apriranno altre porte sarà pronta a capire altre cose.
Il libro, come dice lei stessa, è solo l’inizio di una storia . Una storia che si scriverà col tempo quando non ci saranno più chiusure.
Nilla, con la sua delicatezza ci ha fatto conoscere un mondo sconosciuto e ci ha insegnato a guardare e ad ascoltare come si deve: con devozione, con rispetto e con l’attenzione del cuore.
Grazie dolcissima Nilla di aver consentito anche a noi di avvicinare lo sguardo a quella porta socchiusa e a cominciare a capire. Siamo più ricchi anche noi di una piccola parte di ciò che non si riduce dividendolo, quello che tu chiami teneramente Il Tesoro di Francesco.
Rodolfo Vettorello
recensione a cura di Rodolfo Vettorello
Le braccia aperte quasi per prendere il volo. E’ il gesto dei bambini per abbandonarsi all’abbraccio della mamma. Ma non solo.
Ricordo una giornata di bora furiosa sulla spiaggia di quest’isola di laguna. Tanti anni fa. Un uomo tutto vestito di bianco, si alza dalla sua sdraio, la sola aperta su tutto il litorale e si porta al limite del battente d’acqua. La giornata è limpida e luminosa e il mare, sotto la pressione folle del vento, è tutto bianco di schiuma. Soltanto qualche farfalla coloratissima a solcarlo, le vele di alcuni windsurf che sfidano la tempesta. In cielo qualche gabbiano con ali distese a giocare col vento in un volo planato come se non servisse volare per stare in cielo.
L’uomo vestito di bianco spalanca le braccia e a me che lo osservo sempre più da vicino, grida, per farsi sentire al di sopra del fragore del mare: “mi vedi, sto volando come un gabbiano.”
Mi viene da pensare che non solo i bambini volano ma anche i poeti. L’uomo in bianco è Alberto Bevilacqua scrittore e poeta appunto, attratto su questa spiaggia dall’atmosfera magica di una giornata di bora che solleva la sabbia e tiene quasi tutti relegati in albergo. Volano i gabbiani e i poeti e volano anche tutte le anime libere e limpide che sentono meno il peso di sé e del proprio corpo.
Leggendo la bellissima storia ho cercato di capire quale fosse il Tesoro di Francesco e alla fine penso di averlo individuato.
E’ la Poesia:
Mi piace pensare alla splendida figura di Francesco a modo mio, trasportato solo dal mare di amore che, attraverso le parole di Nilla, mi travolge.
Francesco è un poeta e lo è per tante ragioni, nonostante la parola sia l’ostacolo più grande alla sua voglia di comunicare.
Lo è perché questa sua difficoltà è in realtà “una porta sull’infinito.”
Francesco, il giovane silenzioso, è poeta perché come tutti i poeti vive nel silenzio ed è proprio nel silenzio che nascono e prendono forma i pensieri più belli e le cose più profonde e sentite.
“Canta male la mia anima senza la tua cara parola. La morte manca d’amore.”
Chi non verrebbe aver scritto parole così profonde e toccanti. Poesia vera.
Non la poesia dei versi che si rincorrono e delle strofe che si costruiscono con la perizia dei letterati ma poesia autentica, quella che viene dal profondo dell’anima e dalle sue lacerazioni più dolorose.
In questo luogo privilegiato e solitario non c’è spazio per le frasi inutili e vuote e il silenzio vive del rispetto che si deve alle cose misteriose che hanno bisogno di mantenere la loro aura per conservare il loro fascino.
Ci sono storie che si possono raccontare solo con la penna e con la propria capacità letteraria e ce ne sono altre che hanno bisogno di ben altri strumenti.
Nilla ha scritto con bel linguaggio pulito ed onesto, privo di enfasi e di inutile retorica la cosa più splendida che si potesse dire di un ragazzo che custodisce un tesoro.
Ha parlato di questa sua ricchezza, di quello che possiede in più, passando quasi sotto silenzio ciò che gli manca e che gli dà sofferenza e lo ha detto con la voce del cuore.
Lo ha fatto con la delicatezza silenziosa che si addice a una storia così toccante.
Nilla ha saputo e sa rispettare i silenzi, ha guardato semplicemente attraverso gli spiragli di porte socchiuse. Se si apriranno altre porte sarà pronta a capire altre cose.
Il libro, come dice lei stessa, è solo l’inizio di una storia . Una storia che si scriverà col tempo quando non ci saranno più chiusure.
Nilla, con la sua delicatezza ci ha fatto conoscere un mondo sconosciuto e ci ha insegnato a guardare e ad ascoltare come si deve: con devozione, con rispetto e con l’attenzione del cuore.
Grazie dolcissima Nilla di aver consentito anche a noi di avvicinare lo sguardo a quella porta socchiusa e a cominciare a capire. Siamo più ricchi anche noi di una piccola parte di ciò che non si riduce dividendolo, quello che tu chiami teneramente Il Tesoro di Francesco.
Rodolfo Vettorello