L’IPOTESI CHE SIAMO
Si può, lo so, si può provare a fare di questo spazio minimo nel mondo il nostro paradiso, come la stanza piccola in cui vivo, dove raccolgo cimeli vari, sfilacciati brani di quel tappeto magico che impiego per visitare i luoghi del mio sogno, paradisi di ciottoli raccolti in ogni luogo, la traccia sottilissima che inseguo sul mio sentiero. Le foto in seppia, a volte un po’ sbiadite, di visi sconosciuti ed il profumo d’un passato perduto, come il piccolo mazzo di violette legate con un nastro di velluto. Si può, lo so, si può non interrompere il discorso con quello che rimane del ricordo. Si può parlare con continuità, tenere aperto il dialogo col mondo e con se stessi. Offrirsi una parola di conforto ogni mattina all’ora del risveglio per amare di noi quello che adesso è come allora: il nostro paradiso, l’ipotesi che siamo, il cielo stesso. |
CLIZIA
Io lo so che mi perdo anche dentro lo specchio ristretto di una polla sorgiva, dove l'acqua increspata riflette nubi a correre in cielo. E lo so che mi annego anche dentro il tuo sguardo di donna, al frusciar di una gonna, all'idea che per capo mi frulla, a una dolce illusione da nulla. Io lo so che mi perdo per gioco anche dentro la trama conclusa d'uno stralcio di sogno, di una dolce promessa delusa. Libreria Mezzaterra, in vetrina mi sorride il Montale di Lettere a Clizia, copertina che ripaga di rosa l'attesa di te che ti specchi e riflessa mi regali uno sguardo improvviso e un sorriso. A ogni agosto, quando il sole arroventa i selciati, io risalgo quell'erta che porta alla Piazza Maggiore su in alto, che indovino dai voli impazziti di rondini e ricerco il tuo sguardo raddoppiato nei vetri e mi sembri tornata mia Clizia, vaghissimo sogno incosciente che porti negli occhi il prodigio di un lampo d'azzurro e nel riso un'ipotesi vaga d'amore, una dolce promessa di niente. |
COME NEI GIORNI DI VENTO
Io non la temevo la morte perché senza amore si muore pian piano ogni giorno, per gradi e senza dolore, così che la fine che viene, se viene, ti trova sfinito quel tanto che basta perché non ti importi la morte. Se, come nei giorni di vento, succede che all’improvviso il cielo si apra di colpo e mostri il suo volto il sole nascosto, così tra le pieghe del tempo può esplodere come un barbaglio di fiamma l’amore improvviso. Allora ritorna il sorriso e con il sorriso il timore di perdere tutto. Ritorna la furia del sangue e il poco di vita che langue nel fondo si fa prepotente ed in fretta si torna a rivivere a volte, si torna a patire del tempo che passa e non lascia che cenere intorno, del troppo veloce morire del giorno, del male che incombe, del tragico flusso del tempo che brucia e consuma le ore e, come una mano che stringe la gola, ritorna il terrore che tutto finisca e che si esaurisca la sorte e insieme alla vita ritorni più forte e decisa la morte. |