RECENSIONE al Cenacolo Culturale CLAN VERDURIN di San Pietro di Feletto (Treviso)
a cura di Rodolfo Vettorello
A San Pietro di Feletto, nei colli a poca distanza da Conegliano, presso il Bed&Breakfast “Casa Flaminio” di via Pianale 61 ha sede un quasi sconosciuto nel luogo ma famoso nel mondo degli intellettuali, un Centro Culturale chiamato “Clan Verdurin”. Punto di incontro e polo di riferimento per artisti, pittori scrittori e poeti. L’Associazione Culturale tra le altre attività ha gestito nel corso dell’anno 2010 la quarta edizione del Premio Nazionale di Poesia Religiosa intitolato: “I Versi di Dio”.
IL CLAN VERDURIN
Si dice i colli di Conegliano e la mente va subito, ma solo per alcuni, ai dolcissimi sfondi delle tele di Cima, per i più, ai filari infiniti delle viti del Prosecco e del Refrontolo. Nessuno immagina che in un luogo così carico di attività frenetiche che ruotano intorno alla coltivazione e alla cura della vite, si possa nascondere anche altro.
Si incrociano piccoli trattori che trainano barili di anticrittogamico che dai viottoli tra i campi invadono di colpo la carreggiata delle dolcissime strade che si inerpicano e poi precipitano dai colli che si inseguono all’infinito. Altri uomini e altre macchine corrono tra i filari nei giorni di primavera, macchine diverse, enormi e fantastiche batteranno le colline nei giorni della vendemmia. Altri ancora percorreranno i sentieri tra le vigne per spigolare quello che sarà rimasto sui tralci quando si avvieranno al riposo dell’inverno.
Nessuno può immaginare, in questa musica di attività umane e di canti di galli da un casale ad un altro, un’isola di silenzio e di pensiero, un piccolo eremo racchiuso nelle mura di una vecchia casa colonica.
Casa Flaminio, si chiama e la pagina di internet a lei dedicata la definisce un bed and breakfast con solo poche camere.
Non si parla invece di cosa sia realmente questa isola di poesia, un luogo unico e particolare dove accade qualcosa che ai nostri giorni non è più consueto. L’incontro quasi casuale di intellettuali che smettono il loro abito ufficiale e vestono i panni dell’uomo qualunque per incontrare altri intellettuali in una atmosfera magica, fuori dal tempo.
Un luogo che qualcuno chiama “La piccola Atene”,non certo quella voluta dai Gonzaga a Sabbioneta, niente di importante e di ufficiale. Solo la casualità miracolosa dell’incontro. I colli del Prosecco e la cultura più nobile, un incontro non certo nuovo perché Conegliano conserva memoria di aver ospitato il primo nucleo di questo evento.
Un gruppo di medici umanisti e letterarti, fra tutti il grande Nino Della Gentil, dette inizio, subito dopo la guerra in questa cittadina veneta a un Premio Letterario, il Silver Caffè che mobilitava una grande folla di intellettuali. Ad una sua edizione parteciparono, tutti insieme, Tristan Tzara, Ungaretti, Calvino, Comisso, Piero Chiara, Vittorini, Luzi e Andrea Zanzotto.
Quando Silver Caffè chiuse i battenti tutto pareva doversi consegnare all’oblio. Esiste però uno spirito del luogo, un’anima delle cose che in realtà non muore mai, ha solo bisogno che qualcuno se ne prenda amorosa cura per vivere sia pure in maniera sottile e sotterranea e per riemergere solo quando le condizioni si facciano più favorevoli.
Si può pensare alle istituzioni che talvolta si innestano su eventi spontanei con una certa protervia, arrivando spesso a consentirne la vita ma mortificandone l’anima.
Abbiamo detto Piccola Atene per dire di uno spirito del luogo che non ha bisogno di istituzioni per esistere o rinascere, gli basta il soffio d’amore di un innamorato.
Due innamorati, in questo caso, Flaminio e Lia che si prendono cura dell’essere che va a morire, lo curano, lo coccolano, gli ridanno la vita. E lo fanno da cinquant’anni ormai ma con la stessa dedizione ed entusiasmo.
Flaminio e Lia, non certo due intellettuali togati e austeri ma due anime poetiche e di infinita apertura, capaci di accogliere e canalizzare in un flusso unico e generoso tutte le contraddizioni e gli inevitabili contrasti tra i personaggi che ruotano intorno al loro mondo di pensiero e di cultura.
Una Piccola Atene che fa capo alla loro casa tra i campi, un consesso di personaggi che un figlio di Andrea Zanzotto ha chiamato “Clan Verdurin”. Un modo ironico per alludere ai salottieri eroi della saga proustiana. Verdurin, che Flaminio e Lia pronunciano alla veneta dando al nome un vago sapore orticolo.
Il luogo degli incontri, la casa bianca nel centro dei vigneti è fatta per ospitare , con la grande cucina dal bancone centrale, affacciata sul tinello rivestito di ramaioli, con la sala di soggiorno con l’immenso tavolo centrale per riunirsi, per discutere, per scrivere, per mangiare. Una casa per ospitare e per portare i segni dei passaggi di chi ama il luogo e viene riamato da Lia e da Flaminio.
Segni di pittori sulle porzioni di muro ancora libere per affreschi dell’ultimo minuto, cumuli di libri che poeti e scrittori abbandonano in ogni angolo disponibile.
Sono arrivato quassù quasi per caso.
L’idea più recente dei due angeli della poesia è stata quella di ridare vita a un premio letterario, anzi, nello specifico, un premio di Poesia Religiosa intitolato “I Versi di Dio”. Quando mi è capitato di incrociare il bando, non sapevo nulla di tutto quello che stava dietro né potevo immaginare cosa significasse quell’indirizzo cui spedire le poesie.
Clan Verdurin.
Passare da questi luoghi e avere voglia di curiosare non può essere casuale, penso sia sempre opera di quello spirito del luogo che ha fatto approdare a questa casa il vascello fantasma della Poesia.
Lia, una donna minuta e vivacissima, ti investe di calore umano, di istintiva simpatia e ti studia, da dietro le lenti dei suoi occhiali, per capire se un filo almeno di ciò che serve per stare qui, ti gira appena intorno al capo, come un’aura.
Penso decida che, sì, la persona sia quantomeno da studiare..
Flaminio, alto e di grande portamento sembra quasi severo per via dei baffi e delle fluenti chiome bianche. Sembra affidarsi alla valutazione della signora Lia per decidere della nostra sorte.
Io, inaspettatamente e senza particolari meriti di spiritualità, ho vinto con tre poesie il Premio “I Versi di Dio”. Nessuna conoscenza dei testi sacri e perciò nessuna citazione colta. Solo abbandono a una volontà superiore che ci sovrasta e silenzioso ascolto di una voce interiore.
Una giuria che ha premiato le buone intenzioni evidentemente, ma è andata così. Scopro che in giuria c’è stato un amico, grande e celebrato poeta che ammiro, Paolo Ruffilli. Sarebbe un piacere incontrarlo ma per quel 13 giugno dovrò essere in Sicilia.
Lia custodirà il mio premio.
Eccomi oggi a ritirarlo.
L’esame non deve essere andato male se Lia invita me e Mina a restare per il pranzo. Flaminio premette che non ci sono camerieri per cui bisognerà accontentarsi e arrangiarsi. Un pranzo nel tinello a ridosso della cucina, chiacchiere dai fornelli al tavolo, chiacchiere intorno a un bicchiere di vino, chiacchiere dal lavello dove Mina rigoverna, chiacchiere al caffè.
Tutti i fantasmi della letteratura vengono rievocati con affetto.
Tutti quelli che sono passati di qui, che hanno sostato a questo stesso tavolo vengono ricordati senza citare i cognomi, come si parlasse di amici, di parenti..
Qualcuno potrebbe anche arrivare nel pomeriggio, a volte non avvisano nemmeno con una telefonata.Forse anche Paolo con la moglie, (Ruffilli abita a Treviso, trenta chilometri da qui), potrebbe arrivare ed anche qualche altro.
Dobbiamo ripartire però anche perché leggiamo negli occhi di Flaminio un po’ di stanchezza e il bisogno di un pisolino pomeridiano.
L’esame deve essere andato davvero bene se Lia baciandoci, prima di salire in macchina, ci dice:
Vi aspetto per il 15 agosto, portate qualcosa di cucinato da voi, come tutti gli altri venti ospiti. Potrete restare a dormire, vi terrò una camera, perché si farà tardi, si resterà a parlare fino a notte. Ci sarà Paolo e la moglie, ci sarà Massimo (Cacciari forse), Zanzotto no perché è malato, ci saranno Luciano, Davide (che sia Rondoni?), Mario, Angelo….
a cura di Rodolfo Vettorello
A San Pietro di Feletto, nei colli a poca distanza da Conegliano, presso il Bed&Breakfast “Casa Flaminio” di via Pianale 61 ha sede un quasi sconosciuto nel luogo ma famoso nel mondo degli intellettuali, un Centro Culturale chiamato “Clan Verdurin”. Punto di incontro e polo di riferimento per artisti, pittori scrittori e poeti. L’Associazione Culturale tra le altre attività ha gestito nel corso dell’anno 2010 la quarta edizione del Premio Nazionale di Poesia Religiosa intitolato: “I Versi di Dio”.
IL CLAN VERDURIN
Si dice i colli di Conegliano e la mente va subito, ma solo per alcuni, ai dolcissimi sfondi delle tele di Cima, per i più, ai filari infiniti delle viti del Prosecco e del Refrontolo. Nessuno immagina che in un luogo così carico di attività frenetiche che ruotano intorno alla coltivazione e alla cura della vite, si possa nascondere anche altro.
Si incrociano piccoli trattori che trainano barili di anticrittogamico che dai viottoli tra i campi invadono di colpo la carreggiata delle dolcissime strade che si inerpicano e poi precipitano dai colli che si inseguono all’infinito. Altri uomini e altre macchine corrono tra i filari nei giorni di primavera, macchine diverse, enormi e fantastiche batteranno le colline nei giorni della vendemmia. Altri ancora percorreranno i sentieri tra le vigne per spigolare quello che sarà rimasto sui tralci quando si avvieranno al riposo dell’inverno.
Nessuno può immaginare, in questa musica di attività umane e di canti di galli da un casale ad un altro, un’isola di silenzio e di pensiero, un piccolo eremo racchiuso nelle mura di una vecchia casa colonica.
Casa Flaminio, si chiama e la pagina di internet a lei dedicata la definisce un bed and breakfast con solo poche camere.
Non si parla invece di cosa sia realmente questa isola di poesia, un luogo unico e particolare dove accade qualcosa che ai nostri giorni non è più consueto. L’incontro quasi casuale di intellettuali che smettono il loro abito ufficiale e vestono i panni dell’uomo qualunque per incontrare altri intellettuali in una atmosfera magica, fuori dal tempo.
Un luogo che qualcuno chiama “La piccola Atene”,non certo quella voluta dai Gonzaga a Sabbioneta, niente di importante e di ufficiale. Solo la casualità miracolosa dell’incontro. I colli del Prosecco e la cultura più nobile, un incontro non certo nuovo perché Conegliano conserva memoria di aver ospitato il primo nucleo di questo evento.
Un gruppo di medici umanisti e letterarti, fra tutti il grande Nino Della Gentil, dette inizio, subito dopo la guerra in questa cittadina veneta a un Premio Letterario, il Silver Caffè che mobilitava una grande folla di intellettuali. Ad una sua edizione parteciparono, tutti insieme, Tristan Tzara, Ungaretti, Calvino, Comisso, Piero Chiara, Vittorini, Luzi e Andrea Zanzotto.
Quando Silver Caffè chiuse i battenti tutto pareva doversi consegnare all’oblio. Esiste però uno spirito del luogo, un’anima delle cose che in realtà non muore mai, ha solo bisogno che qualcuno se ne prenda amorosa cura per vivere sia pure in maniera sottile e sotterranea e per riemergere solo quando le condizioni si facciano più favorevoli.
Si può pensare alle istituzioni che talvolta si innestano su eventi spontanei con una certa protervia, arrivando spesso a consentirne la vita ma mortificandone l’anima.
Abbiamo detto Piccola Atene per dire di uno spirito del luogo che non ha bisogno di istituzioni per esistere o rinascere, gli basta il soffio d’amore di un innamorato.
Due innamorati, in questo caso, Flaminio e Lia che si prendono cura dell’essere che va a morire, lo curano, lo coccolano, gli ridanno la vita. E lo fanno da cinquant’anni ormai ma con la stessa dedizione ed entusiasmo.
Flaminio e Lia, non certo due intellettuali togati e austeri ma due anime poetiche e di infinita apertura, capaci di accogliere e canalizzare in un flusso unico e generoso tutte le contraddizioni e gli inevitabili contrasti tra i personaggi che ruotano intorno al loro mondo di pensiero e di cultura.
Una Piccola Atene che fa capo alla loro casa tra i campi, un consesso di personaggi che un figlio di Andrea Zanzotto ha chiamato “Clan Verdurin”. Un modo ironico per alludere ai salottieri eroi della saga proustiana. Verdurin, che Flaminio e Lia pronunciano alla veneta dando al nome un vago sapore orticolo.
Il luogo degli incontri, la casa bianca nel centro dei vigneti è fatta per ospitare , con la grande cucina dal bancone centrale, affacciata sul tinello rivestito di ramaioli, con la sala di soggiorno con l’immenso tavolo centrale per riunirsi, per discutere, per scrivere, per mangiare. Una casa per ospitare e per portare i segni dei passaggi di chi ama il luogo e viene riamato da Lia e da Flaminio.
Segni di pittori sulle porzioni di muro ancora libere per affreschi dell’ultimo minuto, cumuli di libri che poeti e scrittori abbandonano in ogni angolo disponibile.
Sono arrivato quassù quasi per caso.
L’idea più recente dei due angeli della poesia è stata quella di ridare vita a un premio letterario, anzi, nello specifico, un premio di Poesia Religiosa intitolato “I Versi di Dio”. Quando mi è capitato di incrociare il bando, non sapevo nulla di tutto quello che stava dietro né potevo immaginare cosa significasse quell’indirizzo cui spedire le poesie.
Clan Verdurin.
Passare da questi luoghi e avere voglia di curiosare non può essere casuale, penso sia sempre opera di quello spirito del luogo che ha fatto approdare a questa casa il vascello fantasma della Poesia.
Lia, una donna minuta e vivacissima, ti investe di calore umano, di istintiva simpatia e ti studia, da dietro le lenti dei suoi occhiali, per capire se un filo almeno di ciò che serve per stare qui, ti gira appena intorno al capo, come un’aura.
Penso decida che, sì, la persona sia quantomeno da studiare..
Flaminio, alto e di grande portamento sembra quasi severo per via dei baffi e delle fluenti chiome bianche. Sembra affidarsi alla valutazione della signora Lia per decidere della nostra sorte.
Io, inaspettatamente e senza particolari meriti di spiritualità, ho vinto con tre poesie il Premio “I Versi di Dio”. Nessuna conoscenza dei testi sacri e perciò nessuna citazione colta. Solo abbandono a una volontà superiore che ci sovrasta e silenzioso ascolto di una voce interiore.
Una giuria che ha premiato le buone intenzioni evidentemente, ma è andata così. Scopro che in giuria c’è stato un amico, grande e celebrato poeta che ammiro, Paolo Ruffilli. Sarebbe un piacere incontrarlo ma per quel 13 giugno dovrò essere in Sicilia.
Lia custodirà il mio premio.
Eccomi oggi a ritirarlo.
L’esame non deve essere andato male se Lia invita me e Mina a restare per il pranzo. Flaminio premette che non ci sono camerieri per cui bisognerà accontentarsi e arrangiarsi. Un pranzo nel tinello a ridosso della cucina, chiacchiere dai fornelli al tavolo, chiacchiere intorno a un bicchiere di vino, chiacchiere dal lavello dove Mina rigoverna, chiacchiere al caffè.
Tutti i fantasmi della letteratura vengono rievocati con affetto.
Tutti quelli che sono passati di qui, che hanno sostato a questo stesso tavolo vengono ricordati senza citare i cognomi, come si parlasse di amici, di parenti..
Qualcuno potrebbe anche arrivare nel pomeriggio, a volte non avvisano nemmeno con una telefonata.Forse anche Paolo con la moglie, (Ruffilli abita a Treviso, trenta chilometri da qui), potrebbe arrivare ed anche qualche altro.
Dobbiamo ripartire però anche perché leggiamo negli occhi di Flaminio un po’ di stanchezza e il bisogno di un pisolino pomeridiano.
L’esame deve essere andato davvero bene se Lia baciandoci, prima di salire in macchina, ci dice:
Vi aspetto per il 15 agosto, portate qualcosa di cucinato da voi, come tutti gli altri venti ospiti. Potrete restare a dormire, vi terrò una camera, perché si farà tardi, si resterà a parlare fino a notte. Ci sarà Paolo e la moglie, ci sarà Massimo (Cacciari forse), Zanzotto no perché è malato, ci saranno Luciano, Davide (che sia Rondoni?), Mario, Angelo….